Casolari, castelli, dirupi e viali bui. Se la Sicilia fosse una mappa di leggende e favole nere, avrebbe il sapore fantastico di fatti avvolti dal mistero e dall’ombra del passato. Alcuni prova a recuperarli, con metodica precisione, Beniamino Biondi, autore dell’antologia “Sicilia dei misteri e delle leggende”, in tutte le librerie già dall’11 novembre. La fucina dei misteri siciliani è per Biondi un miscuglio di racconti, riti che dall’entroterra dell’Isola toccano le coste e gli anfratti più viscerali. E se un libro esiste prima nella mente dell’autore per poi inverarsi nella cucina di editori e negli occhi dei lettori, entrare dentro la sua scrivania è un privilegio. Biondi racconta la nascita di “Sicilia dei misteri e delle leggende”, un incipit di metodo, sia pure un avviso ai lettori. 

“Sicilia dei misteri e delle leggende” è una ricognizione di eventi e storie restituiti alle trame del romanzesco come apologhi di una terra mitica e spaventosa. Sia che essi prendano origine dal dato storico o dalla tradizione orale, confondendo l’impronta della verità con i segni dell’invenzione, questi racconti restituiscono una sorta di mappa fantastica di quei fatti che accadono in silenzio e nell’ombra. Nella cornice del paesaggio siciliano la narrazione traccia delitti impuniti ed enigmi senza soluzione, nella forma di brevi e curiose investigazioni su luoghi e personaggi. 

Lettere diaboliche e città sommerse, negromanti e spose defunte, casolari di campagna e grotte sul mare, processioni notturne e giardini segreti, nobildonne isteriche e guardiani di pietra, torri che parlano e alberghi abbandonati, tesori funesti e anime del purgatorio, bambini imbalsamati e porte dell’inferno, creature mostruose e orrori familiari. Questi racconti tracciano una cartografia di misteri che non hanno soluzione anche quando sembrano trovarla, nel solco di quell’idea della Sicilia come terra della luce e del lutto, assorta alla restituzione di sentimenti antichi che agiscono sottotraccia alla vita quotidiana e ai riti dell’ordinario.

Nel corso degli anni, seguendo alcune mie ricerche su fatti insoliti e rari accaduti nell’Isola, con un forte interesse nell’ambito della microstoria, mi sono imbattuto in numerosi misteri e leggende, raccogliendo gli elementi varianti e dimostrando alcune ipotesi sincroniche. Prima ancora che il libro nascesse, ho confrontato alcuni racconti orali – acquisiti in via diretta – e cronache di giornale – assunte per ricerche d’archivio – con i resoconti di Giuseppe Pitrè (straordinari, anche come modello di scrittura narrativa) e di certi studi di etnografia popolare, facendomi l’idea di una vera e propria cesura tra la massa di documenti raccolti dalla vecchia scuola siciliana e le indagini che avrebbero dovuto seguirne. 

Di più, ho riflettuto sul fortissimo legame tra letteratura e gusto del soprannaturale grazie al lavoro di Luigi Capuana, colui che riconfigura il genere del romanzo naturalistico e al contempo diffonde teorie occultistiche e fascinazioni spiritiche che lo porteranno a una vera e propria ricerca sulla creazione artistica quale resoconto dello stato di trance fra il mondo reale e il paesaggio dell’immaginazione. Ma in questo rapporto, accanto a Capuana, compare anche Luigi Pirandello, che convoglia numerosi elementi esoterici e misteriosofici all’interno delle proprie opere, come accadrà del resto a uno scrittore più vicino al nostro tempo come Giuseppe Bonaviri che ha seguito a dar volto a una Sicilia inattesa, fatta d’ombre e di paura.

Tuttavia ho avvertito la lenta scomparsa di questa tradizione illustre, soggiogata dalle forme del giallo classico e del poliziesco contemporaneo, cioè entro un preciso contesto di moventi e di soluzioni, e ho cercato di recuperare questo spazio attraverso i miei racconti che declinano in forma narrativa la tradizione orale, le fiabe nere dell’immaginario collettivo, i miti degradati che configurano il rapporto tra un nuovo ordine sociale e le resistenze di una cultura secolare, inconscia e primordiale.

Da queste premesse di ordine generale, ho raccolto numerosi materiali confrontando le varianti fra cronaca locale e forme d‘invenzione, visitando i luoghi e accogliendo testimonianze dirette che hanno assunto la forma di interpolazioni preziose, favorendo ulteriori indagini. Il libro ha così preso la forma di un esperimento di viaggio, un tentativo di raccontare gli intrighi delle città e i misteri dei piccoli borghi, con particolare interesse verso l’entroterra spaventoso delle campagne abbandonate, del vecchio latifondo agricolo, in quel silenzio pauroso di certe notti senza luna. A far da cornice a queste storie è il paesaggio della Sicilia meno battuta, degli itinerari imprevisti sulle tracce di una cultura secolare e identitaria. 

Tuttavia, dicendo questo, mi accorgo di come in realtà il paesaggio isolano, l’orizzonte cromatico della terra e del mare, sia molto più di un semplice corollario scenografico, ma anzi esso stesso è ragione del mistero, elemento di fondazione delle leggende che lo riguardano, e senza questo paesaggio il racconto sarebbe zoppo, in alcuni casi persino impossibile. Allora succede che in molti casi la vicenda narrata è un pretesto per avvertire l’energia dei luoghi, il senso della loro presenza in Sicilia, e le condizioni di degrado e di abbandono nei quali versano, ignobilmente vilipesi da un tempo impietoso che sconfiggendo la materia ne perde la memoria. Ho cercato di cogliere, in modo sempre più cosciente, il rapporto tra le vicende degli uomini e la storia delle cose: contrade internate, picchi marini, dimore borghesi e caseggiati rurali, angoli interstiziali e remoti delle città, laddove non si posa più lo sguardo. 

Per questo motivo ho dato al volume un indice rispettoso di una sorta di geografia sentimentale della Sicilia, secondo alcuni precisi intendimenti: nell’entroterra – dal romanticismo della bellina di Erice agli intrighi dei frati di Mazzarino, dalla triste sposa di Castelvetrano alla terribile vicenda della casina rossa di Scicli –, sulla costa – dai folletti alle creature delle paludi, con un resoconto degli siciliani di Aleister Crowley a Cefalù – e nei grovigli urbani dei capoluoghi, tra vicende storicizzate (la vecchia dell’aceto a Palermo, il mistero della camera rossa a Catania, la lettera del Diavolo ad Agrigento) e, soprattutto, racconti su fatti inediti, misteriosi e bizzarri (l’insetto mortale di Danisinni a Palermo, i bambini sepolti nella porta dell’Ade a Catania, la torre che parla ad Agrigento, il campanile della città sommersa a Messina) che configurano una possibile categoria del “mistero ontologico” quale realtà speculare della Sicilia luminosa.

Commenti (0)

Non ci sono ancora commenti

Aggiungi nuovo commento

Product added to wishlist