La dialettofobia? Per loro non esiste. Tanto che della lingua siciliana ne hanno fatto un vocabolario, frutto di acribia da studiosi, diletto e passione. Pietro Moceo e Gabriella Cassarà, sono una coppia nella vita e anche nella realizzazione di quella che definiscono la loro «bella impresa»: il “Vocabolario italiano siciliano”: un'opera originale – di oltre 500 pagine - e fondamentale per quanti si approccino per la prima volta all'articolatissimo patrimonio semantico siciliano.

Come nasce l’opera

"Tutto nasce da una profonda passione per il siciliano e dalla volontà di nobilitarlo - spiegano i due autori - Ci abbiamo messo dieci anni per fare il vocabolario che in realtà vuole rispondere a una semplice domanda: "come si dice in siciliano?". E lo fa elencando le forme verbali usate nelle varie città siciliane". E così "delinquente" diventa "canni di ialera" "ddilinguenti", "ddrittufici", "malacarni", "maluddrappu", "maravita", "suliàtu" e così via. 

Hanno studiato su quanto scritto sinora, opere prime e di riferimento come il Traina. Eppure di vocabolari italiano-siciliano fino ad ora se n'era visto soltanto uno, di Salvatore Camilleri, risalente a vent'anni fa. "L'opera di Moceo e Cassarà in questo senso è una rarità ed è perfettamente funzionale alla necessità di imparare il dialetto per chi non lo conosce, sebbene le varietà locali di ciascun lemma dialettale siano tantissime", spiega Giovanni Ruffino, docente universitario di Dialettologia e Linguistica e accademico ordinario della Crusca.

Di vocabolari siciliano-italiano, invece, ce ne sono diversi. Il punto di riferimento principale resta l'opera monumentale in cinque tomi del Centro di studi filologici e linguistici siciliani, risalente alla seconda metà del secolo scorso, "il più importante d'Italia, non esiste niente di simile nelle altre regioni", dice il docente di Linguistica.

Il dialetto come precisa visione del mondo

Mantenere vivo il dialetto che Google aveva paragonato all'aborigeno tra le lingue in via di estinzione sembra sempre più possibile, anche grazie a scrittori come Camilleri e Silvana Grasso che educano, attraverso la lettura, al siciliano e non c'è romanzo di letteratura contemporanea che non abbia al suo interno inserti dialettali. D'altronde, c'è una precisa weltanschauung, una visione del mondo, nel dialetto. C'è la nostra faccia, l'impronta originale di ciò che siamo e da dove veniamo. Il siciliano ha un potere evocativo, lavora sulle similitudini, tesse immagini concrete, sedimenta la storia.

“Il siciliano è paradossalmente una lingua facile – dicono Moceo e Cassarà - perché molto simile alla realtà che l’ha partorito. Così il rapporto coi tempi linguistici diventa quasi teatrale. I proverbi contadini sembrano canti apotropaici ed evocativi. Nella stesura del vocabolario è stato difficile trovare un lemma o un proverbio cui legarci di più: tutta la lingua ci appartiene e volevamo ricordarcene. Così abbiamo deciso di mettere per iscritto una raccolta che è innanzitutto un omaggio alla nostra memoria”.

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