Sono Andrea Paolucci, blogger e storyteller. Faccio parte della Generazione Rec. Di chi doveva stare col dito sul pulsante Rec dello stereo, pronto a premerlo quando partiva la canzone che gli piaceva per registrarla. Faccio parte di quelli che se volevi prendere un disco, dovevi arrivare al negozio e trovarlo, non come oggi che è tutto velocissimo. E allora, un po’ per nostalgia, un po’ forse per mettere in ordine certi ricordi ho scritto un libro “Il rave perduto” che parla di musica e di generazioni a confronto: una storia di amicizia e di dischi incredibili che da Londra arrivano in una piccola radio romana: “Radio Centro Suono”. L’inizio di un genere musicale che avrebbe influenzato intere generazioni: la techno. Ho parlato della Capitale vivendola tra le pagine del mio libro in un arco di tempo che dagli anni Novanta arriva al Duemila. Ma poiché credo che ogni storia per esistere vada raccontata più volte, anche diverse tra loro, dopo avere avuto al mio fianco due icone romane della musica Andrea Prezioso e Luca Cucchetti, ho cercato due dj donne dall’altro capo del Paese che mi raccontassero la loro generazione musicale. Quella degli inizi dietro la consolle, quella dei ritrovi in spiaggia o quella emotiva, quando un bit diventa un mondo. Felice o arrabbiato, spaesato o emozionato. Semplicemente guidato dalla potenza della musica.

Due dj donne diverse, ma con un simile percorso che le ha portate a dominare la scena della disco music nazionale. Entrambe partite dalla Sicilia. La dj palermitana Claudia Giannettino, classificata seconda nella categoria Miglior Woman dj 2022 ai “Dance Music Award”, gli “oscar” della musica dance, il più importante riconoscimento del genere in Italia. E dj Manola Bargione, disk jockey con un’esperienza ultra ventennale nel mondo del djing e già premio Donnattiva 2023, scelta tra gli esempi di donne capaci di innescare riflessioni, cambiamento e cooperazione. 

A.P.: Cominciamo da una domanda banale. Cos’è per te la musica?

C.G.: La musica è un linguaggio universale capace di risvegliare emozioni e sensazioni uniche, evocare esperienze e ricordi, permette alle nostre corde più profonde di vibrare e ci fa sentire in modo forte le emozioni; a volte ricorriamo alla musica come contenitore per i sentimenti che ci sopraffanno, un luogo dove poterli riversare liberamente. Credo che la musica sia una tra le più grandi forme aggregative e di socializzazione, i concerti, le discoteche, i teatri danno la possibilità alle persone di condividere dei momenti e delle esperienze insieme. Mi piace pensare che la musica riuscendo a superare le barriere geografiche, linguistiche e sociali possa dare un apporto positivo alla formazione culturale ed umana di ogni individuo”.

M.B.: “È stata ed è un compagna e compagnia che tocca le corde dell’anima o meglio adesso credo che sia l’anima, la nostra vocina interna che ti chiede di metterti le cuffie mentre sei al supermercato, mentre passeggi, mentre guardi il mare…l’anima ti chiede tante cose per evolverti e molte volte non l’ascoltiamo perché significa superare paure, per la musica è diverso, tu l’anima l’ascolti perché la musica non ti fa paura, perché è una cosa che ti aiuta ad accettare meglio la vita. Alle scuole medie ero quella che si occupava della musica durante le feste in classe, ero io che portavo il boombox, detto più semplicemente stereo e giocavo col volume ad abbassare e alzare quasi a predire ciò che avrei fatto poi in futuro. Lo facevo a scuola, lo facevo a casa, una casa piena di musica perché i miei facevano un sacco di feste e io ho assorbito tanti generi musicali e ringrazio la mia famiglia per questo. Nata come passione dalla cotta di un mio attuale collega dj, ai tempi avevo 16 anni, diventata l’unica cosa che faccio, un lavoro a tutti gli effetti superando anche l’apparenza della figura femminile, qui in Sicilia abbastanza radicata. Non ho mai pensato che la passione avesse un sesso per cui per me non è mai stato un ostacolo”. 

A.P.: Seconda domanda banale. Ma entriamo più sul rapporto tra musica e persone. Cos’è per te il ballo?

C.G.: “Vedo il ballo come la possibilità per le persone di connettere cuore e mente e scaricare attraverso i movimenti tutte le emozioni e le sensazioni che provano”.

M.B.: “Nel tuo libro parli molto del senso del ballare insieme, Andrea. Negli anni ’90 si ballava no stop, ore e ore, la gente non si fermava, si usciva per questo, per liberarsi da qualcosa per esprimere qualcosa. Credo che il ballo è una delle migliori forme di espressioni della propria anima, è una questione di frequenze, la tua mente si scollega, non ci sono più pensieri. Mi permetto di definire il ballo come un momento di meditazione che noi siamo abituati a identificare nella figura di un tizio seduto con le mani al cielo che ripete il suo mantra. Ma quando ti concentri no stop su un pezzo, su quel beat e senti che dentro di te tutto vibra e sono vibrazioni positive indipendentemente se quella musica ti sta facendo uscire la rabbia, ti sta facendo sorridere, ti sta facendo piangere o ti sta rendendo più malinconico, non è anche questa forse una forma di meditazione?”.

A.P.: Qual è il dj che ti ha spinto a salire in consolle? Il djing è un mondo per donne?

C.G.: “Sin da piccola avevo due sogni, il primo pensavo fosse impossibile da realizzare cioè essere una dj, l’altro pensavo fosse fattibile ovvero prendere una moto. Ad oggi devo dire che tra i due la moto ancora non sono riuscita a prenderla. Quando ero molto piccola andavo in un locale pomeridiano e a differenza delle mie amiche che ballavano e si divertivano, ricordo che io passavo il tempo a guardare con grande ammirazione il dj che si esibiva allora, credo sia stato lì che ho capito di voler fare questo percorso. A quei tempi vedere una donna in consolle non era comune, infatti non è stato facile riuscire a farsi strada.  Ad oggi, dopo il premio ricevuto come seconda miglior dj Donna in Italia, posso dire che la costanza, l’ impegno hanno portato a raccogliere i frutti. Penso che se hai un sogno o un obiettivo devi fare il possibile per raggiungerlo, senza arrenderti davanti alle difficoltà o agli ostacoli”.

M.B.: “Conservo gelosamente i miei technics 1200 che hanno la bellezza di 24 anni. Adoro l’house music, ma non ho un genere musicale specifico, io mi definisco un dj vecchio stampo, di quelli fanno ballare, di quelli a cui piace la musica e tanti generi musicali, che guardano ancora la pista  si accorgono dei movimenti, del momento in cui la gente vuole cantare o sentire la cassa. Mi piace fluire con la gente. Mi dicono che sono molto brava in questo, nel carpire il momento adatto. Da vinile a cd, da cd a pendrive, un’evoluzione all’inizio drammatica, adesso accettata. Come accetti che la musica è cambiata perché le generazioni sono cambiate e devi stare al passo con questi mutamenti, che non sono solo musicali ma anche di approccio al ballo nelle disco”. 

A.P.: I miei due protagonisti fanno della musica uno stile di vita. Ma potrebbero essere due ragazzi dei nostri tempi. Insomma l’istinto al ballo dell’essere umano non è cambiato.

C.G.: “Beh, donne e uomini hanno iniziato a ballare fin dalla notte dei tempi, prima ancora di saper parlare o scrivere, il ballo è un “istinto primordiale”. Quante volte sentendo un brano o delle sonorità che ci piacciono siamo stati portati a muoverci a tempo senza neanche rendercene conto? questo perché il nostro corpo è ricettivo alle frequenze che percepisce e istintivamente è portato a reagire ad esse muovendosi”.

A.P.: Però è cambiata la musica. Questo cambiamento come è avvenuto in Sicilia dagli anni Novanta a oggi?

M.B.: “Prima c’erano i posti di ritrovo, c’erano le mappe e le liste e poi le feste “abusive”, i party house e techno, due mondi musicali opposti anche per targhettizzazione di clientela ma con il filo conduttore del “proibito” e non convenzionale. Lo start non era mai prima dell’una e mezzo anche perché prima di raggiungere la destinazione il rituale prevedeva di andare in giro in auto rigorosamente con RIN (radio italia network) a “palla”, ci si incontrava, si beveva qualcosa nei luoghi più frequentati e poi per passa parola si veniva a conoscenza sia delle serate ordinarie nelle discoteche sia del posto e dell’ora in cui si sarebbero distribuite le mappe per le “feste” fuori dai canonici locali. I posti erano non autorizzati, prevalentemente in provincia, lunghi banconi bar con scarsa qualità di alcol servito in plastica e ghiaccio spesso ricavato dalla rottura di lastre conservate all’interno di grandi sacchi neri, soundsystem da minimo 15.000 watt, consolle in vinile e tutto tendenzialmente molto buio con pochi effetti che creavano fasci di luce nell’ambiente stracarico di fumo sia per la macchina del fumo che per quello delle sigarette (o di altro)”.

A.P.: Ma si può parlare di fenomeno di rave anche per la Sicilia?

M.B.: “Una cosa è certa il fenomeno dei rave in Sicilia non si è mai diffuso come nel resto d’italia, il fenomeno siciliano credo sia stato il  Tout va di Taormina che con le sue serate particolari (ospiti, scenografie, musica di tendenza, etc) che duravano fino all’alba riusciva ad attrarre pubblico da tutta la sicilia compreso l’areale del catanese storicamente stanziale nella propria realtà. Nel 2000 ho cominciato a suonare roba house internazionale stile Frankie Knuckles e Kenny Carpenter e nazionale come Vannelli e Coccoluto, al Movid@ di Carini (Pa), che quell’anno vinceva a Rimini il titolo di più bella discoteca d’italia, e mi sono totalmente immersa in questo mondo anche da frequentatrice vivendo gli ultimi retaggi degli anni 90 e l’inizio delle nuove tendenze 2000”. 

A.P.: E ora?

M.B.: “Adesso è tutto un correre, tutto più accellerato, più veloce, poco pensato, poco lavorato, poca inventiva, tutto senz’anima.Si copia dal passato, remake, remix, mashup, raramente nasce un pezzo che dopo anni ti ricordi o fa storia.Colpa del digitale?Colpa di questa generazione che ha tutto e subìto? Tutti dj, tutti producers, tutti facilitati, poca passione, soprattutto poca pazienza.Non tutti dai, non voglio generalizzare, ma non credo di esagerare molto nel dire questo”.

C.G.: “E ora per me come sempre resta l’empatia con il pubblico, che è essenzialmente la prima ragione per la quale propongo i miei dj set. La carica e l’energia che do e ricevo dalle persone sono linfa vitale per me. A prescindere dai tempi e le mode. Tutte le volte che alzo gli occhi dal mixer e rivolgo lo sguardo verso il pubblico provo un’emozione unica. Vedere la gente che balla, canta, salta e interagisce con me, mi fa capire quanto tutto questo sia indispensabile per la mia vita”.

A.P.: Dal Governo Meloni contro i rave agli stereotipi di denuncia sulla movida selvaggia. C’è un lato oscuro, e forse pregiudiziale, nei confronti del divertimento musicale?

M. B.:“È il solito dito puntato al mondo della movida quando si parla di droghe. Riguardo alle droghe, immagino che anche quelle siano cambiate, quello che forse non è cambiato. “Movida selvaggia” è un’etichetta, a mio parere che nasconde tanta ipocrisia visto che le droghe sono sempre state ovunque. I tempi cambiano, sì, cambiano anche le mode: ma certi fenomeni credo vadano raccontati sotto un più ampio sguardo che è il cambiamento sociale. Un po’ come fa il tuo romanzo, Andrea. “Il rave perduto” esprime una malinconia nei confronti di un’epoca che ha rappresentato per molti un mood di vita vero e proprio. Beato chi ha vissuto quei tempi e quel tipo di emozioni e li conserva nel suo cassetto della memoria”. 

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