Il forte nubifragio che ha devastato Ischia nella notte tra il 25 e il 26 novembre 2022, ha riacceso il dibattito polemico sull'abusivismo e sul condono edilizio e, tra zone vincolate, dissesto idrogeologico e rimpalli di colpe, nessuno vuole assumersi responsabilità. In particolare, è scattata l'accusa rivolta all’allora Premier Giuseppe Conte, di aver fatto un nuovo condono edilizio per questo territorio nel 2018, mentre c’è chi respinge l’accusa sostenendo il contrario. 

Carlo Pagliai ha deciso di fare un’analisi critica della normativa e del fenomeno in corso. Di chi è la responsabilità? Quando si troveranno vere soluzioni? Come mai lo Stato non agisce e sceglie un atteggiamento inerte, quando le conseguenze erano perfettamente prevedibili? Scopriamolo insieme. Buona lettura.

Quella che si è verificata ad Ischia è una tragedia annunciata. Oggi, come nel 2018, la frana che si è abbattuta sull’isola ha causato conseguenze prevedibili. Ischia, come tanti territori italiani, è piena zeppa di vincoli, di abusi e tanti condoni dovranno essere respinti. Il terzo condono del 2003 è stato sabotato da due leggi regionali. Senza troppe sorprese, è stato fatto il solito pasticcio grosso “all’italiana”.

La disputa sul Decreto Genova: si tratta di nuovo condono?

Nel caso del decreto-legge del 28 settembre 2018, n° 109, ossia il Decreto Genova approvato da Giuseppe Conte, allora Presidente del Consiglio, si parla o no di un nuovo condono?

Conte parla della misura in esame come di un provvedimento per velocizzare, alla luce delle norme vigenti, le risposte alle richieste di condono effettuate in passato.

La norma cui voglio fare cenno, intanto, è l’art 35, che consentiva di accedere ai fondi pubblici per la ricostruzione di migliaia di case verso le quali però non era ancora stata applicata la sanatoria, per via dei soliti ritardi e delle lungaggini burocratiche italiane. L’art 25, invece, tratta le procedure di condono e sancisce: “Per la definizione delle istanze di cui al presente articolo, trovano esclusiva applicazione le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n° 47”. Tradotto per chi legge: voi che avete presentato le domande del primo, secondo e terzo condono edilizio, vedete applicate le condizioni più ampie e agevoli del primo condono 1985. Cosa ne consegue? In pratica, si tolgono i tanti limiti aggiunti nel secondo e terzo condono. Ad esempio, salta il divieto dei 750 metri cubi di per istanza.

Se analizziamo il comma 1 bis dello stesso articolo, si legge: “Per le istanze presentate ai sensi del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, le procedure di cui al comma 1 sono definite previo rilascio del parere favorevole da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico. Per tutte le istanze di cui al comma 1 trova comunque applicazione l'art. 32, commi 17 e 27, lettera a), del medesimo decreto-legge n. 269 del 2003”.

Traduco nuovamente: occorre comunque il parere favorevole dei competenti uffici pubblici sulla paesaggistica - rimanendo esclusi i soggetti condannati per certi reati gravi - e la condizione di disponibilità del Demanio.

Ma torniamo alla domanda iniziale che ha scatenato e continua a scatenare polemiche: quello adottato dall’allora Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, è o non è un nuovo condono?

La verità sta nel mezzo. Intanto, possiamo dire che non si tratta di un vero condono, ma sono state riaperte condizioni migliorative per chi aveva già presentato le istanze, nel passato, per ottenere i contributi. Sono state ridate possibilità condonistiche precedentemente escluse. Quindi, non si può parlare di un nuovo condono, ma osservando caso per caso, si nota che ci sono migliaia di domande di condono che sarebbero state destinate al diniego e che invece sono state riesumate e riammesse. 

Il vero problema è il fallimento dell’urbanistica italiana 

Ha ragione Conte a dire che non si tratta di un condono, ma ha ragione pure Matteo Renzi quando afferma il contrario. Il problema però qui non è più il condono, ma il fallimento dell’urbanistica italiana. Se le norme urbanistiche si promulgano solo quando muoiono le persone, questo è un grande problema. 

L’abusivismo edilizio ha una serie di fonti e cause molto articolate, basti pensare alle favelas brasiliane: quando c’è un problema di povertà, di esclusione dalle politiche, tutto diventa più difficile.

Il decreto semplificazione del 2020 ha assegnato le competenze alle Prefetture: ma qui non parliamo di poche case, qui parliamo di un agglomerato abusivo. Ad Ischia si assiste ad una situazione incontrollata e generalizzata, un insediamento con irregolarità presenti sotto molti profili. Ci sono costruzioni intere che non potevano essere sanate né tanto meno condonate, perché sono presenti vincoli paesaggistici e vincoli idrogeologici; quindi, il problema principale è legato al mancato controllo di intere zone. 

Ha detto bene il Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, quando ha affermato che in certi territori non si può e non si deve più abitare. In questo contesto tragico, ad Ischia, hanno subito danni privati e non solo. Non si può demolire tutto, perché le persone non si possono mandare a vivere in giro. Inoltre, un piano decennale non basterebbe a risolvere una situazione di questo tipo. La politica e la cittadinanza hanno concorso al mancato rispetto delle regole, ma chi ci rappresenta ha maggiori responsabilità. Non si può attribuire tutto al dissesto idrogeologico, sarebbe davvero un capro espiatorio. Ora bisogna trovare soluzioni, se non vogliamo aspettare la prossima frana che colpisca Ischia o altri luoghi e assistere passivamente alla tragedia. Alla natura non interessa nulla dei condoni e delle deroghe, tira dritto e i disastri si verificano senza preavviso, lasciando le persone senza casa e senza futuro. 

Casamicciola ricoperta dal fango

L’abusivismo edilizio è figlio di un concorso di colpe, quindi, ma soprattutto di malfunzionamenti, lungaggini, ritardi. La cosa certa è che qui c’è un territorio devastato e lo rimarrà per un bel po’. Nel mio libro Ante ’67 parlo di "Giubileo urbanistico", è vero, ma parlo di un Giubileo per l’edilizia storica, per edifici che hanno un minimo di licenza, di concessione e che hanno irregolarità entro certi limiti: non voglio certo salvare le lottizzazioni abusive e gli ecomostri. Non è possibile il “libera tutti” nei casi come quello di Ischia, perché ci sono dei costi sociali. E indovinate chi li paga. La pubblica amministrazione funziona male: non funzionano le norme o non funzionano le persone che stanno dietro alle norme negli Enti Pubblici? La magistratura sicuramente ci darà delle risposte.

Le parole di Carlo Pagliai, che ringraziamo per la sua analisi sul tema, descrivono purtroppo un contesto reale, problematico, e probabilmente sono condivise da tutti coloro che assistono, con l’amaro in bocca, a tragedie come quella di Ischia. Noi speriamo che il suo approfondimento possa aver fatto chiarezza contribuendo a dipanare molti dubbi. Se ti va, puoi seguirlo sulla sua pagina Facebook e sul suo canale Youtube, in quanto esperto di urbanistica fornisce sempre spunti di riflessione che ci auguriamo possano esserti utili. 

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