Il benessere acustico è una condizione psicofisica in cui un individuo si trova in un ambiente sonoro che non lo disturba e gli permette di svolgere le sue attività in modo confortevole e senza stress. Con l'incessante incremento dei ritmi della nostra esistenza quotidiana, portati al limite della frenesia, un momento di relax e riposo al termine di una lunga e stressante giornata lavorativa, è diventato una delle necessità più incombenti dei nostri tempi. Il comfort acustico e di conseguenza la tutela del comfort all'interno delle nostre abitazioni, è quindi da considerarsi una tra le caratteristiche salienti che un edificio deve essere in grado di garantire ai potenziali acquirenti, oltre ad essere un parametro con cui si valuta la salubrità degli ambienti di vita, pariteticamente alle altre necessarie imposizioni igienico-sanitarie.

Il perimetro normativo

Rombi di motore, clacson strombazzanti, rumori derivanti da attività produttive e schiamazzi provenienti dai plateatici dei caffè del centro, sono diventati la “colonna sonora” della nostra quotidianità e come se non fosse già abbastanza, stante l’orientamento preso dal mondo dell’industria della mobilità su ruota, a breve si aggiungeranno i contributi sonori dei segnalatori acustici dei veicoli elettrici e delle colonnine per le ricariche dei veicoli stessi. Il periodo storico in cui siamo passati, grazie ad una maggior permanenza casalinga forzata, ha con buona probabilità acuito la percezione del disturbo da rumore e portato il comfort acustico al centro di un dibattito tecnico e legislativo sempre più fervido ed appassionato. Stabilire una sorta di soglia atta a determinare delle condizioni di riferimento del comfort acustico, risulta piuttosto complicato a causa di indicazioni normative non ancora in grado di coprire tutte le declinazioni a cui si possono ricondurre i fastidi da rumore. Mentre infatti esistono norme che danno indicazioni in merito alla qualità acustica interna degli ambienti, rivolte alla trattazione della qualità acustica interna dei locali sotto l’aspetto dell’intelligibilità della comunicazione verbale (tra il 2018 ed il 2020 sono state emanate le UNI 11532 – “Caratteristiche acustiche interne di ambienti confinati” divisa nella parte 1 che tratta i requisiti generali e parte 2 che si concentra sugli ambienti scolastici), che chiariscono i valori di qualità acustica di riferimento come lo STI (Speach Trasmission Index) ed il C50 (indicatori che in buona sostanza stabiliscono quanto è possibile apprendere di una determinata comunicazione verbale, in base al tempo di riverberazione legato all’ambiente in rapporto al rumore percepibile all’interno del medesimo ambiente relativo ad altre sorgenti sonore che possono fungere da disturbo, considerando anche l’eventuale presenza e tipologia di impianti di amplificazione e diffusione sonora), per quanto concerne la valutazione del disturbo da rumore proveniente da una proprietà vicina o dall’esterno, sarà necessario analizzare l’impianto legislativo fino ad arrivare a prendere in considerazione il Codice Civile.

Diversamente da quanto è stato possibile vedere a livello normativo, dove negli anni si susseguono nuove norme riferite al mondo dell’acustica, per quanto riguarda il benessere acustico la situazione a livello legislativo, non è altrettanto dinamica e propositiva, basti pensare che l’attuale Decreto che determina i parametri dei requisiti acustici degli edifici risale al lontano 5 dicembre 1997 (DPCM 5/12/97 “Determinazione dei requisiti acustico passivi degli edifici” entrato in vigore il 20 febbraio del 1998).

Il requisito di protezione acustica

Il Decreto determina i requisiti acustici delle sorgenti sonore interne agli edifici (quali ad esempio gli impianti tecnologici) e i requisiti acustici passivi degli edifici e dei loro componenti in opera, al fine di ridurre l’esposizione umana al rumore. Con il termine “passivi” si deve intendere che gli elementi che compongono l’edificio dovranno rispettare i limiti di seguito riportati nelle tabelle, indipendentemente dal clima acustico esterno e cioè slegati dall’effettiva necessità legata alla classe acustica di una determinata area; in pratica, il rispetto dei parametri indicati dal decreto impone un certo requisito di protezione acustica, riferito ad esempio ad una porzione di facciata, sia che il rumore esterno sia molto limitato che molto elevato.

Con le parole “dei loro componenti in opera” il legislatore intende dire in buona sostanza che per certificare il rispetto dei parametri di Legge a fronte di un potenziale doglianza, non basta una relazione progettuale che ne attesti il superamento, ma sarà dirimente solo una prova strumentale da eseguirsi in opera secondo le indicazioni riportate all’interno delle norme tecniche di settore. Occupandomi direttamente e giornalmente di tali problematiche, ritengo fondamentale fare chiarezza in merito ai limiti indicati nelle tabelle soprastanti, in rapporto al benessere acustico ed in particolar modo alle attese dei clienti finali; il rispetto dei parametri indicati non implica un livello di comfort acustico elevato, lo stesso Decreto infatti si limita a stabilire i “livelli minimi di standard qualitativo” non i livelli di benessere acustico.

In soldoni, limitandoci al rispetto dei limiti di Legge e ribadendo che il concetto di benessere non è slegato da una componente soggettiva, dovremmo mettere in preventivo che il livello di comfort acustico possa essere ritenuto sufficiente ma non certamente soddisfacente. Giusto per chiarire i limiti sopra esposti, un isolamento di 50 dB di una parete divisoria tra distinte unità abitative non comporta un livello di isolamento tale da poter garantire di non sentire parlare i vicini ma dovrebbe essere sufficiente a non comprendere (intelligibilità del parlato) la comunicazione verbale, così come un livello massimo di rumore di calpestio apri a 63 dB comporta la chiara percezione di passi del nostro vicino e un indice di isolamento di facciata pari a 40 dB, può essere confortevole in zone di periferia con scarso afflusso di traffico ma assolutamente deficitario in contesti urbani particolarmente attivi e trafficati e per finire, un livello di rumore massimo di impianto di scarico del vicino che raggiunga i limite massimo di 35 dB, farà percepire le “abitudini fisiologiche” del nostro dirimpettaio.

La ricerca del comfort acustico è quindi particolarmente difficoltosa e comporta una visione più larga del problema, una visione che deve forzatamente andare oltre i limiti minimi di Legge ed arrivare a valutare anche il contesto acustico di una determinata area, al fine di operare una valutazione complessiva prima di procedere a determinare le scelte costruttive ed impiantistiche.

Dato per buono il superamento dei limiti di Legge previsti dal DPCM 5/12/97, ci si trova quindi in una condizione che non è in grado di garantire un adeguato benessere acustico agli occupanti e che a livello giuridico potrebbe essere impugnata dagli utenti finali se questi si riterranno in qualche modo disturbati.

Le problematiche derivanti dai rumori provenienti dall’esterno o da una proprietà vicina o confinante, possono ricadere sia nell’ambito della tutela privatistica (in buona sostanza la struttura che regola i rapporti tra privati) che in ambito di matrice pubblicistica, anche se spesso la linea di demarcazione tra queste due “facce” del Diritto non è sempre così netta.

Analisi del tema sotto il profilo giuridico

Sotto il profilo civilistico infatti esiste ed è un chiaro riferimento giurisprudenziale, l’art. 844 c.c. introduce il concetto della “Normale Tollerabilità” e che in base all’orientamento delle Magistrature, radicatosi negli anni, stabilisce come disturbante e potenzialmente intollerabile un rumore che abbia un livello di 3 dB superiore al rumore di fondo (il rumore senza la sorgente disturbante) misurabile all’interno dell’ambiente disturbato, secondo un indice di rilevazione percentile definito come L95 (in pratica il livello sonoro presente nel 95% del tempo dedicato al rilievo fonometrico).

Posto che il valore differenziale di 3 dB, stabilito e applicato come limite, deriva dalla valutazione che un incremento di 3 dB del livello di pressione sonora significhi un raddoppio dell’intensità sonora a cui è sottoposto un soggetto, sembrerebbe che secondo tale interpretazione, possa essere possibile mutuare tale orientamento anche per la determinazione del benessere acustico, in realtà non è proprio così immediato e condivisibile, oltre che in pratica impossibile da valutabile a priori. Valutare se un determinato rumore può essere considerato disturbante o meno e quindi stabilire per regressione un livello assoluto di benessere è probabilmente un’utopia a causa dell’enorme variabilità dei segnali sonori, sotto il profilo dell’ampiezza, dello spettro di frequenza propria del segnale, della ripetitività del disturbo, delle variabilità annesse al periodo di riferimento del disturbo (diurno o notturno) e dal contesto acustico dell’area interessata all’indagine. Tanto per chiarire, prendendo ad esempio un rumore impulsivo di breve durata e media intensità, che si percepisce durante la notte ad intervalli di 1 ora, potremmo ottenere un valore di L95 molto basso e rispettare la normale tollerabilità anche se tale rumore fosse tale da far svegliare più volte una persona durante il sonno. Un aiuto in tal senso è fornito dalla ISO R1996 (“Valutazione del rumore in rapporto alle reazioni della collettività”) che attraverso un’analisi su basi statistiche, cerca di chiarire la soglia di tollerabilità dei rumori legandone l’ampiezza e la ripetitività alla percezione media di un campione di persone in un determinato contesto urbano.

Per valutare il contesto (clima acustico) di una determinata area, ci viene in soccorso un altro Decreto attuativo della Legge Quadro sull’inquinamento acustico (la n. 447 del 1995), il DPCM 14/1171997 (“Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore”) che dispone che tutti i Comuni si dotino di un piano di zonizzazione acustica del proprio territorio, una “mappatura acustica” secondo uno schema a sei classi acusticamente omogenee che si ottiene assegnando ad ognuna di esse i valori massimi di rumorosità ambientale suddivisi per i due periodi della giornata: diurno tra le ore 6:00 e le ore 22:00 e notturno tra le ore 22:00 e le ore 6:00. Le classi acustiche sono ricavate dalle attività di monitoraggio strumentale effettuate sul territorio e suddivise in base ai livelli sonori rilevati (secondo l’indice LAeq che con buona pace dei matematici potremmo grossolanamente definire come una “specie di media” del livello sonoro spalmato sul tempo di misura), partendo dalla classe I riferita ad aree particolarmente protette (come ad esempio gli ospedali, le strutture scolastiche e le strutture religiose), incrementando i livelli sonori fino ad arrivare alla classe VI, riguardante aree esclusivamente industriali, secondo i limiti previsti nella tabella di seguito inserite e le grandezze di seguito descritte. 

Le grandezze definite dalla Legge 447 del 1995 e dal D.P.C.M. 14.11.1997, sono rivolte alle sorgenti sonore sia fisse che mobili e vengono definite in base ai seguenti limiti:

  • Limite di emissione: valore massimo di rumore che può essere emesso da una sorgente sonora, misurato in corrispondenza dei ricettori maggiormente esposti (in buona sostanza in prossimità del luogo dove è percepito il potenziale disturbo).
  • Limite di immissione: valore massimo di rumore che può essere immesso da una o più sorgenti sonore (compresa quindi anche la sorgente determinata come potenzialmente disturbante) nell’ambiente abitativo o nell’ambiente esterno, misurato in prossimità dei ricettori. Tale impianto legislativo, correttamente interpretato ed implementato, consente di effettuare una prima e fondamentale valutazione in merito al “clima acustico” di una determinata area interessata da una iniziativa immobiliare e da questa analisi trarre importanti conclusioni in merito alle necessità di isolamento dai rumori esterni, propedeutiche all’inserimento ed all’orientamento dell’edificio, alla distribuzione degli spazi interni degli alloggi ed alla selezione dei sistemi di chiusura verso l’esterno.

Un’attenta analisi della condizione acustica ed una conseguente valutazione preliminare del progetto, nell’ottica della protezione degli occupanti dall’inquinamento acustico esterno, potrebbe consentire una più efficiente razionalizzazione delle scelte ed una migliore gestione dei costi, oltre ad un maggiore livello di comfort per gli occupanti, secondo lo schema di seguito riportato.

Tra i possibili interventi in grado di migliorare in modo sensibile il comfort acustico degli occupanti, è possibile proporre:

  • - disposizione dell’insediamento atta a ridurre l’esposizione al rumore come l’allontanamento delle facciate
  • degli edifici dalle sorgenti rumorose maggiormente disturbanti;
  • - interposizione di barriere o elementi di arredo urbano atti e limitare il passaggio dei rumori (interventi
  • indiretti sulle sorgenti);
  • - soluzioni architettoniche di facciata atte a schermare il rumore (fattore di forma delle facciate), privilegiando
  • ad esempio edifici con facciate “irregolari” al posto di facciate piane;
  • distribuzione interna agli alloggi che preveda locali di servizio “a protezione” dei locali più sensibili (come le
  • camere da letto);
  • - valutazioni inerenti il posizionamento dei macchinari più rumorosi a servizio dell’edificio (posizionamento
  • delle unità trattamento aria o altro).

Volendo stillare qualche concetto e suggerimento propedeutico all’ottenimento di un effettivo benessere acustico, senza arrivare lontanamente a parlare di silenzio, sarebbe opportuno effettuare un accurata analisi del contesto acustico esterno ed interno, andando a determinare una serie di interventi e valutazioni che risolvano e diano soluzioni tecniche ad ogni singola problematica che potrebbe essere causa di discomfort. Se ad esempio dovessimo progettare un edificio ad alta efficienza acustica in un contesto urbano particolarmente ricco di contributi di rumore esterno, sarà necessario analizzare compiutamente le tipologie di rumore e determinarne il loro spettro sonoro (distribuzione dell’energia sonora in frequenza), in modo da selezionare dei serramenti capaci di rispondere alle sollecitazioni e dei sistemi di oscuramento adeguati alla necessità, portando il loro livello di isolamento ben oltre i limiti minimi di Legge riferiti alla categoria A (edifici residenziali).

Entrando ora all’interno dell’edificio, il valore di rumorosità di un solaio sottoposto a sollecitazioni vibrazionali (calpestio, spostamento di arredi, caduta accidentale di oggetti), per essere definito confortevole non dovrebbe superare il valore di 40 dB (quindi ben 23 dB in meno di quanto indicato per Legge!),a tali valori si può arrivare non tanto limitandosi all’inserimento di isolanti acustici “super efficienti” ma facendo scelte costruttive adeguate e mirate alla limitazione della trasmissione delle vibrazioni, in quest’ottica ad esempio le solette massicce ed omogenee sono da preferire nell’ambito delle costruzioni a base cementizia, così come le strutture in X-LAM sono da preferire ai classici solai in legno con travatura portante.

I valori di isolamento ai rumori arei delle partizioni divisorie dovrebbero attestarsi su livelli di 55÷60 dB per garantire un adeguato livello di privacy e un reale benessere acustico, la norma UNI 11367 del 2010 sulla classificazione acustica degli edifici (ad oggi esclusivamente si base volontaria) infatti indica un valore di 56 dB per la classe I a cui viene riferito un livello di confort ottimo. Un ultimo capitolo va dedicato agli impianti tecnologici, per quanto riguarda quelli a funzionamento continuo come la VMC o gli impianti aeraulici, il livello massimo di 25 dB può essere ritenuto adeguato mentre il livello massimo di 35 dB riferito agli impianti a funzionamento discontinuo, come gli scarichi ad esempio, non può essere ritenuto un livello confacente al benessere acustico. Per loro caratteristica impulsiva, i rumori dovuti agli impianti discontinui dovrebbero essere portati a livelli più bassi, diciamo tra 25÷30 dB; per arrivare a tali valori sarà necessario approfondire la progettazione impiantistica e soprattutto intervenire in maniera più coordinata sin dall’inizio della progettazione, inserendo alcuni “paletti” che tengano in considerazione i seguenti suggerimenti:

- prediligere una disposizione concentrata dei locali sanitari e della cucina;

- prevedere una disposizione sovrapposta dei locali bagno e cucina nei diversi piani;

- prevedere una disposizione centrale dei vani tecnici nell’area dei locali bagno;

- evitare la vicinanza e l’adiacenza tra impianti ed ambienti adibiti al riposo o comunque sensibili al rumore

(camere da letto e soggiorni);

- privilegiare pareti divisorie che dividano ambienti aventi medesima destinazione d’uso (bagno-bagno; cucina-cucina);

- qualora l’impianto sia posizionato all’interno di un cavedio tecnico sarà opportuno prevedere fissaggi a parete dotati di manicotti anti-vibranti tra la tubazione e le fascette di sostegno e rivestire internamente il cavedio stesso con idoneo materiale assorbente acustico (di tipo fibroso o poroso) in modo da eliminare le riflessioni interne dei rumori dell’impianto e limitare il disturbo.

In conclusione, il percorso che porta ad un ambiente dove sia possibile percepire un benessere acustico, è decisamente più articolato e non si limita, come per la parte energetica, all’applicazione normativa e legislativa, ma necessità di un approccio sinergico delle figure professionali impegnate nella stesura di un progetto, una maggiore sensibilità ed un’analisi particolarmente accurata delle varie componenti in gioco, da cui estrapolare le soluzioni progettuali e di scelta delle modalità costruttive, adeguate a rispondere alle nuove richieste di una clientela sempre più difficile da soddisfare.

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