Qualche mese fa ho sentito il prof. Gisotti che mi ha dato una mano a scrivere un post sul rischio idrogeologico e tra una mail e l'altra mi ha detto che il 4 e 5 luglio ad Aidone, provincia di Enna, si terrà il Convegno Nazionale di Geoarchelogica. Quando le mie orecchie hanno sentito "archelogia", gli occhi mi sono diventati a cuoricino. Sono pur sempre una laureata in lettere classiche. E di georcheologia non ne avevo mai sentito parlare. Così ho chiesto di più, perché volevo scriverci su un articolo e il buon Gisotti mi ha messo in contatto con Gioacchino Lena, il geoarchelogo con cui la SIGEA Società Italiana di Geologia Ambientale e l’Ordine dei Geologi di Sicilia sta organizzando il convegno.

Devo dire che i geologi mi piacciono. Sono entrata in questo mondo da quando lavoro alla Dario Flaccovio e il mio rapporto con loro è sempre stato piacevole. Ricordo sempre con piacere la correzione di bozze della traduzione del bellissimo Geologia del sedimentario di Tucker e il lavoro gomito a gomito fatto per mesi e mesi con Dario Tosoni. E' stato un vero parto, ma alla fine ne è uscito un vero capolavoro!

Ma sto divagando, come al mio solito.... andiamo alla geoarcheologia che sarà la prima attrice di questo articolo!

Cosa è la geoarcheologia?

Prima di tutto vediamo chi è il geoarcheologo. Sfatiamo un luogo comunue: non è il geologo che opera nel campo dell’archeologia, perché (e quando l'ho scoperto sono andata in brodo di giuggiole!) il geoarcheologo deve avere una buona formazione umanistica.
La geoarcheologia infatti è quella disciplina a se stante che studia le testimonianze archeologiche servendosi però della geologia e il cui fine è studiare la stratigrafia dei siti archeologici e la loro collocazione all'interno del paesaggio.

La geoarcheologia  - come ho detto poco fa - si compone di molte (o meglio tutte) discipline afferenti alle scienze della terra: mineralogia e gemmologia, petrografia, geologia s.s., geofisica, geomorfologia, sedimentologia, ecc. Ognuna di queste discipline può servire caso per caso, visto che non siamo ancora arrivati in questa collaborazione alla specializzazione più spinta.

Infatti se da un lato la geoarcheologia è una disciplina che applica alla ricerca archeologica le metodologie e le tecniche proprie delle Scienze della Terra, tuttavia pian piano comincia a conquistare una sua autonomia, allontanandosi sempre più dal suo status di scienza al servizio dell'archeologia, ampliando il suo raggio di azione mantenendo però sempre i contatti con le due discipline di cui è figlia: l'archeologia e la geologia.

La geoarcheologia si caratterizza infatti per il suo essere interdisciplinare.
E proprio questa interdisciplinarietà è fondamentale tanto per la ricostruzione degli avvenimenti fondamentali che hanno interessato un sito archeologico quanto per la ricostruzione del paleopaesaggio.

Senza ombra di dubbio l'entrata in vigore della Legge sull'archeologia preventiva (D.Lgs. 195/2006) ha fatto sì che la geoarcheologia avesse sempre più un ruolo di grande importanza nella valutazione del potenziale archeologico, un aspetto fondamentale per valutare le scelte operative ogni qual volta si costruisca o si trasformi l'ambiente circostante.

La geologia quindi in questo caso va in aiuto dell’archeologia attraverso il rilevamento, l’esplorazione, l’interpretazione paleo-ambientale e la valorizzazione dei siti archeologici, ma tende anche al recupero e alla caratterizzazione analitica degli oggetti archeologici e dei beni culturali.

Quali sono le metedologie principali che usa la Geoarcheologia per ricostruire gli avvenimenti che sono occorsi in un dato territorio?

  • geofisica
  • cartografia
  • fotointerpretazione
  • pedologia,
  • geomorfologia
  • geocronologia

 

La geologia applicata ai beni archeologici o culturali serve principalmente a:

  • Individuare e rilevare le evidenze archeologiche nel loro contesto geomorfologico
  • Interpretare i processi formativi dei siti e dei paesaggi archeologici e loro implicazioni paleoambientali e paleoclimatiche
  • Individuare le interazioni fra l’attività dell’uomo, l’ambiente naturale e i mutamenti climatici globali basandosi sulle testimonianze geologiche
  • Analizzare lo sfruttamento delle risorse geologiche e delle tecnologie applicate alla trasformazione dei materiali nell’antichità


Anche se il geoarcheologo deve avere una formazione umanistica, la geologia applicata alla ricerca archeologica ha però tre anime fondamentali che sono di compito esclusivo del geologo:

  • La geoarcheologia che tenta di interpretare gli strati superficiali della terra in relazione alle attività umane
  • L’archeometria si propone di caratterizzare in modo quantitativo gli oggetti derivati dall’interazione fra l’uomo e il suo ambiente. Ad esempio, lo studio dei reperti ceramici e l’individuazione dei siti di origine delle argille e dei materiali sgrassanti, argomenti speso forieri di interessanti considerazioni sulla entità dei commerci locali o transmarini. In questo campo va inserita anche la geofisica applicata all’archeologia.
  • La pedologia, cioè lo studio cioè condizioni ecologiche in cui si sono formati i suoli partendo da un substrato in posto (suoli autoctoni) o provenienti da altri siti come, ad esempio, da alluvioni (suoli alloctoni). Da questo discende la micromorfologia (micropedologia), cioè lo studio dei suoli in sezione sottile. Si applica nelle ricostruzioni paleoclimatiche e paleoambientali e nell’indagine sui processi di formazione dei siti archeologici. In quest’ultimo caso essa consente, attraverso l’analisi del  fabric e delle figure pedologiche, di differenziare specifici tipi di attività antropiche (calpestio, stabulazione, focolare, ecc.), nonché di mettere in luce i processi deposizionali (Cremaschi, 2003).


 

Il convegno

Il convegno nazionale di Geoarcheologia di cui parlavo all'inizio del post ha un titolo quanto mai interessante e ricco di grandi spunti: “La geoarcheologia come chiave di lettura per uno sviluppo sostenibile del territorio” e nasce come opportunità di incontro e di convergenza fra le diverse discipline di ricerca che studiando le evidenze archeologiche del passato cercando di farne tesoro per l’attuale pianificazione e uso del territorio.

I lavori si svilupperanno principalmente attorno a tre tematiche:

  •  gestione della risorsa idrogeologica nel periodo greco-romano
  • stabilità del territorio nelle aree archeologiche: un problema di ieri e di oggi
  • materiali e tecniche per la costruzione e il restauro di beni archeologici e monumentali.


Oltre alle presentazioni orali e e dei poster sono previste visite guidate al Museo - che consiglio di non perdere, visto che si potrà ammirare in tutta la sua bellezza la famosissima Venere di Morgantina, che è stata esposta al J. Paul Getty Museum di Malibù -, alla città greco-romana di Morgantina e alla bellissima Villa Romana del Casale di Piazza Armerina, in provincia di Enna.

La partecipazione al convegno è gratuita, basta solo iscriversi ed è prevista la richiesta di crediti APC per i professionisti.
Inoltre, è prevista la pubblicazione degli Atti del Convegno con i contributi accettati dal Comitato Scientifico, a cura di SIGEA, su un supplemento alla rivista nazionale “Geologia dell’Ambiente” (ISSN 1591-5352).

Un evento da non perdere per tutti i geologi, gli archeologi e i semplici amanti dei beni culturali!

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